Fondata nel 1303, La Sapienza è la più antica università di Roma e la più grande in Europa. La sua missione è contribuire allo sviluppo della società della conoscenza attraverso la ricerca, la formazione di eccellenza e di qualità e la cooperazione internazionale. Tra gli innumerevoli corsi di studio presenti nell’Ateneo, particolare attenzione viene dedicata agli studi orientali presso la Facoltà di Lettere e Filosofia e la Facoltà di Studi Orientali. In particolare, ivi viene posto l’accento sulla lingua, linguistica e cultura cinese, letteratura cinese moderna e vernacolare.
L’intervista è di Federico Masini, Delegato ai Rapporti con la Cina e Professore di Lingua e Letteratura Cinese, Università di Roma “La Sapienza”
L’internazionalizzazione è tra le priorità dell’Università La Sapienza, come ha vissuto l’Ateneo questo clima di incertezza dettato dalla pandemia?
Cercando in ogni modo di fornire assistenza ai propri studenti internazionali o in mobilità, favorendo la didattica in remoto e in sincrono, nonché offrendo opportunità di esami e didattica a tutti gli studenti che non potevano essere presenti fisicamente a causa della pandemia. Prima del 2020 avevamo circa 150 studenti in mobilità accademica verso la Cina e circa 300 studenti cinesi presenti in Sapienza.
Quali sono i principali progetti/programmi attivati con istituzioni della RPC e come avete continuato la cooperazione in questo periodo?
Due sono le principali attività di collaborazione con le Università cinesi attive in Sapienza: 1) La collaborazione con le università di Lingue Straniere di Pechino (Beijing waiguo daxue) e l’Università di Wuhan (Wuhan daxue) per programmi di doppio titolo in Lingue e Civiltà Orientali, che sono stati frequentati negli anni da oltre mille studenti; nonché l’apertura di un corso di Studio di laurea magistrale in European Law presso la Zhongnan University of Economics and Law (Zhongnan caijing zhengfa daxue) di Wuhan (ZUEL), appena inaugurato, che prevede la mobilità di docenti Sapienza a Wuhan. Nel primo caso, a causa della pandemia gli studenti hanno potuto seguire solo alcuni corsi online dall’Italia; mentre per quanto riguarda la collaborazione con la ZUEL, Sapienza ha erogato i propri corsi con didattica online sincrona, in attesa di poter riattivare la mobilità internazionale nei due sensi.
Cosa consiglia ad uno giovane studente che vuole fare oggi esperienza in Cina, quali sono le opportunità?
La Cina, in questo momento, offre grandi opportunità per i giovani europei. In primo luogo, di formazione e specializzazione; esiste infatti un’ampia offerta formativa per laurea di secondo livello destinate specificatamente a studenti stranieri, in particolare in Business ed economia. Le università straniere dovrebbe privilegiare la creazione di percorsi misti, composti di periodi di studio in Europa ed in Cina, cosicché i giovani siano in grado di godere di una formazione maggiormente ampia e poliedrica. Le università italiane dovrebbero incentivare i programmi di doppio titolo italo-cinese, in tutti i campi, in particolare quelli scientifico-tecnologici, al fine creare nuove figure professionali in grado di muoversi più agevolmente in un contesto globalizzato. Le università italiane dovrebbe impegnarsi maggiormente per combattere la loro inveterata natura provinciale.
Da studioso della Cina, come è cambiata a suo parere la Cina con la pandemia?
La Cina cambia in continuazione, anche se non ce ne accorgiamo; a maggior ragione, è cambiata durante questo anno di pandemia. Nell’alternanza storica di periodi di centralizzazione e maggiore multipolarismo regionale, il 2020 ha segnato un momento di grande concentrazione del potere a livello centrale, con la conseguente diminuzione della possibilità di soluzioni diverse a livello periferico. Complessivamente, la Cina esce più solida economicamente, essendo forse l’unica economia mondiale che segna un segno più nel 2020, ma al tempo stesso sono emerse nuovamente criticità politiche, che si immaginavano ormai scomparse. Inoltre, per la prima volta la Cina sembra volersi orientare verso una politica internazionale espansionista e non conservativa.
Il recente accordo con l’Europa dovrebbe permettere nei prossimi anni di riattivare il partenariato industriale con la Cina. Quali sono a suo parere i principali settori di interesse per la ricerca e dell’innovazione? Quale ruolo può ricoprire l’Italia?
Dobbiamo cambiare il verso del ragionamento. Non che cosa possiamo fare per la Cina, ma quali sono i settori in cui una nostra collaborazione con la Cina può essere conveniente. Credo che i settori nei quali possiamo svolgere un ruolo di interesse per la Cina, ma al tempo stesso utile anche per noi, oltre al diritto, sono l’architettura, le scienze delle costruzioni per gli aspetti antisismici, l’astronautica e la ricerca biomedica. In tutti questi settori, in forza all’accordo appena siglato, grazie in particolare ai buoni uffici della Germania, si potrebbero aprire nuove prospettive anche per il sistema industriale e della ricerca italiano.