Vittorio Puoti (CIRA)| La cooperazione scientifica nel mondo della ricerca è la base di tutto

Il CIRA, Centro Italiano Ricerche Aerospaziali, è una società a prevalente partecipazione pubblica costituita nel 1984 per svolgere attività di ricerca nelle discipline aeronautiche e spaziali. Il Centro, che ha sede e strutture operative a Capua, in Campania, è nato per volontà dello Stato italiano per dotare il paese di una capacità di ricerca e sviluppo tecnologico in campo aeronautico e spaziale, al fine di consentire alle imprese italiane di competere ad alti livelli sui mercati internazionali. La presenza, nella compagine societaria, di enti come l’Agenzia Spaziale Italiana (socio di riferimento) e il Consiglio Nazionale delle Ricerche, della Regione Campania (attraverso l’Area di Sviluppo Industriale di Caserta) e di industrie e PMI del settore aerospaziale fa sì che gli obiettivi del CIRA siano coerenti con questi indirizzi strategici, contribuendo così allo sviluppo economico e sociale del Paese. Oggi, a poco più di trent’anni dalla sua nascita, il CIRA possiede la più grande dotazione di infrastrutture di ricerca in campo aerospaziale presente in Italia con impianti di prova unici al mondo e laboratori all’avanguardia utilizzati da enti e industrie nazionali ed internazionali. Le attività svolte riguardano le tematiche più avanzate della ricerca aerospaziale: dallo studio di velivoli aeronautici e spaziali in grado di volare in modo autonomo e a velocità elevatissime, alla messa a punto di sistemi innovativi per ridurre l’impatto ambientale dei velivoli, aumentare la sicurezza del volo, rendere più efficiente la gestione del traffico aereo fino allo sviluppo di tecnologie abilitanti per i futuri sistemi di trasporto spaziale.

Il CIRA partecipa ai principali programmi di ricerca europei e internazionali, collabora con le più importanti università e aziende aeronautiche e spaziali, italiane e straniere, ed è un forte attrattore di talenti e di investimenti industriali.

L’intervista a Vittorio Puoti, Attività di Traferimento Tecnologico, CIRA

Quali sono i principali progetti che il CIRA porta avanti con partner cinesi in questi anni?

Le proposte di progetto riguardano ovviamente l’aerospazio. Il CIRA, solo grazie ad un continuo ed instancabile lavoro svolto in perfetta sintonia con le controparti cinesi, è riuscito ad individuare tre macroaree su cui lavorare per mettere in piedi una collaborazione proficua con il gigante asiatico. Le macroaree individuate riguardano le strutture aeronautiche, ed in particolare il design multidisciplinare di strutture alari adattive mediante strumenti numerici e procedure di indagine sperimentale e materiali smart; la fluidodinamica, per il tramite della valutazione numerica e sperimentale dell’efficacia di sistemi di protezione dalla formazione di ghiaccio in volo per aeromobili; il Single Event Effect, cioè lo studio dell’effetto delle radiazioni cosmiche sui sistemi di bordo di velivoli aerospaziali. I progetti, per la parte italiana, saranno svolti in collaborazione con il Politecnico di Napoli e quello di Milano.

Quanto la pandemia da Covid 19 ha rallentato la cooperazione e come avete superato le difficoltà poste dalla limitazione di movimento delle persone e delle merci?

Inutile dire che la pandemia ha praticamente messo in ghiaccio i programmi di cooperazione internazionale del CIRA. Per quel che riguarda la collaborazione con la Cina, le attività “domestiche”, cioè quelle di organizzazione del partenariato italiano, di organizzazione dei progetti sono ferme. Ovviamente, a maggior ragione, le attività che erano da svilupparsi con i partner cinesi: niente conferenze, niente workshop, niente meeting di lavoro. Anche i meeting annuali di avanzamento, previsti dai Memoranda sottoscritti da entrambe le parti, sono stati annullati. Onde evitare il ripetersi dell’evento, stiamo verificando la possibilità di effettuare, per l’anno 2021, delle videoconferenze cui parteciperanno le figure manageriali più rappresentative da ambo le parti. Ad ogni modo, i rapporti con i partner cinesi restano sempre vivi grazie ad un contatto quasi quotidiano via posta elettronica o, se necessario, via conference call in modo tale da ripartire a tutto gas non appena il COVID 19 ci lascerà dei margini di lavoro.

Quanto conta la cooperazione scientifica e commerciale nel vostro settore e per le vostre attività?

La risposta è tanto semplice quanto vera: la cooperazione scientifica nel mondo della ricerca è la base di tutto. Fin da appena laureati, si parte dal laboratorio di ricerca dove si collabora con i colleghi, per proseguire alla collaborazione fra Enti, Istituzioni per poi giungere, infine, alla collaborazione internazionale. Tranne che in pochissimi, e ben noti, casi, i maggiori risultati nella ricerca si sono sempre raggiunti lavorando a stretto contatto con altre realtà, con altre modalità di pensiero.

Quali sono le nuove opportunità possono nascere in questo periodo post pandemia nella cooperazione scientifica, tecnologica e commerciale con la Cina e quali sono i principali ambiti di interesse per la cooperazione futura?

Innanzitutto speriamo di arrivare alla post-pandemia quanto prima. Al momento, siamo nel pieno della seconda ondata e ancora non sappiamo come e quando ne usciremo. Sento anche parlare già di terza ondata, quindi l’idea che si va formando è che non ne usciremo molto presto. A meno che la ricerca e sperimentazione sul vaccino non forniscano risultati incoraggianti prima del previsto. Il mio sogno è vedere Europa, Cina e Stati Uniti lavorare insieme ad un progetto per una base lunare che sia la base di partenza per la successiva esplorazione marziana per mezzo di robot antropomorfi.