Italia-Cina, la cooperazione continua | Maggiora (IHEP-INFN Joint Laboratory) I non vediamo l’ora di riprendere la nostra collaborazione con ancora maggior vigore

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Il laboratorio congiunto tra l’Institute of High Energy Physics (IHEP) di Pechino e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), nasce ufficialmente nel 2008, anche se da molti anni coordina le attività di ricerca congiunta in Cina dei due istituti, supportando e proponendo nuovi ambiti di collaborazione. In particolare, i due istituti lavorano insieme in molti campi della fisica e non solo, dalla fisica delle particelle a quella delle astroparticelle, dalla fisica dei neutrini alle molte attività di fisica nello spazio su satellite, senza dimenticare le attività congiunte nelle applicazioni di fisica medica, nel computing avanzato e nella ricerca e sviluppo di nuovi acceleratori e rivelatori. Così come l’INFN è integrato con il sistema accademico italiano grazie ad una rete di convenzioni con le differenti Università che ospitano o sono in relazione con le sue sedi, così l’IHEP ha una partnership strategica con la University of the Chinese Academy of Science (UCAS), replicando praticamente nella sua interezza lo schema che l’INFN ha costruito in Italia. Questa collaborazione permette a ciascuno dei due istituti di avere un accesso privilegiato al “sistema paese” della nazione dell’altro istituto.

[/vc_column_text][/vc_column][vc_column width=”1/3″][vc_single_image image=”8918″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]L’intervista è di Marco Maggiora, Direttore dell’IHEP-INFN Joint Laboratory e professore di Fisica all’Università degli Studi di Torino

 

In cosa consiste la vostra collaborazione con l’istituto cinese per le alte energie e quanti ricercatori ha finora coinvolto?

La Cina è per noi scienziati italiani un partner strategico, ed oltre alla ricerca fondamentale, i progetti congiunti di ricerca e sviluppo, la maggior parte condotti in territorio cinese, offrono un’ottima vetrina alla tecnologia ed alle eccellenze italiane, che sono sempre più apprezzate nel Regno di Mezzo, da sempre per noi italiani la porta di elezione per l’accesso all’Asia.

Il tutto avviene in ambito europeo, dove tali eccellenze sono riconosciute. Io stesso sono stato e sono il coordinatore di due progetti RISE finanziati dall’Unione Europea nell’ambito di H2020. Questi progetti sono rivolti allo sviluppo di rivelatori di particelle innovativi ed alle loro applicazioni industriali e medicali, per preparare il terreno alle future collaborazioni di domani, ed anche di dopodomani, conoscendo con quanta attenzione ed anticipo i nostri amici cinesi programmino le loro attività scientifiche!

L’IHEP rappresenta storicamente una delle prime collaborazioni scientifiche con l’Italia, che si è estesa dall’astrofisica delle particelle negli anni ‘90 con la Collaborazione ARGO alla fisica delle particelle nel primo decennio di questo secolo con la Collaborazione BESIII. Promotore di tale collaborazione in Italia è stato l’INFN. La Collaborazione BESIII ha rappresentato il cambio di passo nella Collaborazione tra i due sistemi scientifici, con i primi significativi contributi da parte italiana sotto forma di rivelatori con tecnologia italiana e non più di “semplice” know-how, e con un numero di ricercatori italiani che si recano con regolarità in Cina che ha raggiunto presto l’ordine dei 50 elementi.

I due Istituti sono simmetricamente simili e naturali partner in una collaborazione italo-cinese: hanno numerosi sedi sparse per le rispettive nazioni, entrambi implementano una struttura ibrida di collaborazione e di personale con le Università presso cui le varie sedi sono collocate. Solo negli ultimi dieci anni sono stati pubblicati centinaia di articoli scientifici a firma IHEP ed INFN, e questa produzione rappresenta una quota significativa (quasi la metà) delle pubblicazioni a firma congiunta italo-cinese. La collaborazione negli anni è cresciuta molto abbracciando nuovi progetti, e gli scienziati italiani dell’INFN o ad esso associati che ad oggi collaborano ora in Cina con l’IHEP nelle varie collaborazioni sono circa 200.

 

Quali sono i principali obiettivi di ricerca su cui stanno lavorando le comunità scientifiche cinesi e italiane della fisica?

La Collaborazione BESIII ha coinvolto per la prima volta un gruppo numeroso di ricercatori italiani in Cina. A parte la ricerca di base, legata alla fisica delle particelle elementari, che ha condotto a risultati importanti e a centinaia di pubblicazioni scientifiche, anche quanto sviluppato per il nuovo rivelatore che stiamo costruendo ha delle applicazioni medicali che sono molto promettenti. Lo sviluppo di tale applicazioni è una priorità per entrambe le componenti, italiana e cinese, del Laboratorio.

La collaborazione nella Fisica nello spazio, su satellite, ci ha dato grandissime soddisfazioni. Penso a DAMPE, il primo satellite lanciato in orbita nel 2015 nell’ambito del programma strategico della Chinese Academy of Science, il CAS, ed il cui cuore sono i rivelatori al silicio costruiti con tecnologia italiana. DAMPE vuole studiare i raggi cosmici e la materia oscura, che sarà a sua volta studiata con precisione mai raggiunta prima dall’evoluzione di DAMPE, HERD, che sarà uno dei principali esperimenti condotti sulla Stazione Spaziale Cinese, e per il quale è stata firmata una lettera di intenti tra il Governo Italiano e quello Cinese, durante la visita di Xi Jiping in Italia. Non bisogna poi dimenticare CSES, il primo dei satelliti di una futura costellazione che, studiano la radiazione ed i campi elettromagnetici, oltre alla ricerca legata alle astroparticelle, si propone di investigare la possibile esistenza di segnali precursori di grandi eventi sismici. Anche CSES è già stato lanciato, nel febbraio 2018.

L’IHEP ha come suo partner principale nelle attività aerospaziali l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e le agenzie spaziali cinesi. Tuttavia l’INFN ha fornito o fornirà, per tutte le Collaborazioni citate, tecnologia italiana per componenti core di questi progetti.

Una delle Collaborazioni comuni più ambiziose, e che coinvolge anche la comunità più grande tra i fisici italiani che lavorano con ed in Cina, è JUNO. Nei prossimi anni la Collaborazione JUNO metterà a frutto, più in grande, la tecnologia sviluppata ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dalla Collaborazione BOREXINO per la purificazione del liquido scintillante necessario alla rivelazione dei neutrini, per poterne studiare le loro oscillazioni e quindi la loro gerarchia di massa. Un concetto che sembra astruso ma che in realtà ha implicazioni notevolissime sui modelli cosmologici e sulla nostra comprensione dell’Universo. Verrà costruita in un laboratorio sotterraneo in Cina un’enorme sfera di liquido scintillante, e la tecnologia di purificazione che la renderà possibile è tecnologia italiana, un altro significativo trasferimento tecnologico, e anche un significativo investimento italiano in Cina.

I ricercatori italiani sono anche coinvolti in una delle più grandi sfide che i fisici delle particelle abbiano incontrato negli ultimi decenni: immaginare come saranno le nuove generazioni di acceleratori e rivelatori per il dopo LHC. Si tratta di una fisica di frontiera con gigantesche ricadute industriali, e diverse proposte, anche in competizione tra di loro, che prevedono di costruire super collider elettrone-positrone in Europa o in Cina. L’INFN ovviamente considera strategica la sua partecipazione ad una facility di questo tipo, e quindi collabora attivamente sia con il CERN che con l’IHEP per immaginare e sviluppare i nuovi rivelatori di domani.

 

Perché oggi consiglierebbe a un giovane ricercatore di fisica di svolgere un periodo di specializzazione in Cina?

Molto è stato investito da entrambi gli Istituti nei progetti di ricerca congiunti ma anche e soprattutto nella formazione di una nuova leva di giovani ricercatori e nella creazione di opportunità di lavoro, per far sì che i giovani ricercatori nelle due nazioni si conoscano, imparino a lavorare insieme, si stimino, e formino una solida base per la collaborazione di domani.

Penso per esempio alle scuole estive internazionali di dottorato organizzate congiuntamente e con docenti provenienti dai due Istituti, ma soprattutto al programma di eccellenza delle fellowships post-doc congiunte che permettano a giovani e validi ricercatori legati all’INFN di lavorare all’IHEP sui progetti di ricerca comuni.

I due Istituti hanno firmato insieme diversi accordi internazionali, per permettere lo scambio di studenti di dottorato e di giovani ricercatori, per programmi pluriennali, o per brevi permanenze. Lo scopo è quello di creare un tessuto umano congiunto, l’unico in grado di permettere e supportare quella collaborazione a lunghissimo termine che le nostre due nazioni, l’Italia e la Repubblica Popolare Cinese, stanno cercando di costruire.

Le possibilità di svolgere un periodo di ricerca durante il dottorato, o subito dopo, in Cina ed all’IHEP sono notevoli. E oltre a lavorare in un ambiente di ricerca dinamico e multiculturale, un giovane brillante avrebbe anche concrete possibilità di passare non solo qualche anno, ma una frazione significativa o anche tutta la sua vita accademica in Cina. La Cina è una nazione molto dinamica che dedica enormi investimenti alla ricerca e sviluppo. Lo considerano un investimento per il futuro, qualcosa che nel mondo occidentale spesso si tende a dimenticare. Parliamo di un ambiente accademico e scientifico ideale per giovani brillanti.

 

Come avete superato le difficoltà legate alle restrizioni per l’emergenza Covid-19

Le comunità scientifiche italiane e cinesi, accademiche ed industriali, che insieme collaborano a progetti comuni sono cresciute molto in questi ultimi anni, ma soprattutto sono cresciuti i legami di stima e rispetto, professionali ed umani, che legano gli scienziati di queste due nazioni. Per questo quanto avveniva in Cina qualche settimana fa ci addolorava particolarmente, perché a Pechino, Shanghai, Guangzhou, Dongguan, Nanjing, e nella stessa Wuhan, non abbiamo solo colleghi, ma spesso amici, con cui condividiamo progetti e speranze, ed insieme ai quali alleviamo le nuove generazioni di ricercatori che prenderanno il nostro posto domani. Ed ora sono quei nostri amici ad essere preoccupati per noi!

La riduzione forzata dei collegamenti, i meccanismi di quarantena, l’oggettiva impossibilità di incontrarsi fisicamente e condividere l’attività di ricerca ha imposto uno stop, sicuramente temporaneo, alle attività in compresenza. Ma i contatti, le discussioni, le speranze ed i progetti per il futuro sono ancora più vivi, e tutti siamo certi, e non vediamo l’ora, di riprendere la nostra collaborazione con ancora maggior vigore.

I nostri colleghi di Pechino hanno sostenuto uno sforzo sovrumano, affrontando in poche decine di ricercatori i turni di presa dati, sull’esperimento e l’acceleratore, che originariamente erano previsti essere effettuati da centinaia di persone. Stiamo parlando di una copertura 24/7 per diversi mesi… Hanno letteralmente salvato la presa dati quest’anno, anche se con un costo in termini di impegno e fatica senza precedenti.

Abbiamo trasformato tutti gli impegni, i meeting, le discussioni, e le attività di formazione originariamente previsti in compresenza, in sessioni telematiche che vedono riunirsi, talvolta anche per diversi giorni, persone da diversi continenti per continuare a fare ricerca insieme. E la voglia di vivere insieme la ricerca è più forte delle difficoltà dovute ai fusi orari diversi, o al non potersi vedere di persona. Dopo una prima fase di disorientamento ci stiamo riorganizzando…

Lasciatemi poi esprimere tutta la mia, la nostra, gratitudine, nonché devo confessare il vero e proprio stupore, per la continua, sollecita, premurosa vicinanza che i nostri colleghi e amici a Pechino, e non solo, ci mostrano ora che la Cina sta lentamente vedendo la luce alla fine del tunnel, mentre noi italiani siamo nella fase più cupa. Gli e-mail, i messaggi, le richieste di informazione per sincerarsi che tutti noi e le nostre famiglie stiamo bene ormai non si contano più, e la solidarietà è diventata anche una solidarietà materiale, con spedizioni di maschere e di filtranti facciali ai loro colleghi italiani che, in questo frangente, hanno molte difficoltà a procurarseli.

È stupefacente la profondità dei legami umani che si sono creati tra noi in questi anni di lavoro insieme! Per me ormai sono 11 anni. E ora questa profondità si può proprio toccare con mano.

Vede, io sono uno scienziato, quindi è ovvio che quando penso al futuro penso a tutto quanto di bello potrò vivere e fare nella ricerca con i colleghi cinesi. Quello che mi auguro ora, quello che auguro a tutti noi, è di riuscire ad affrontare e superare nel miglior modo possibile questa emergenza sanitaria che sta dilagando e ci sta colpendo a livello globale. Quando tutti assieme ne saremo usciti, vorrò sicuramente tornare a Pechino per riabbracciare, fisicamente, i colleghi e gli amici che ho, che abbiamo lì e che in questo momento drammatico ci sono vicini e ci sostengono. Possibilmente di fronte ad una buona bottiglia di vino italiano![/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]